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Nascere donna: responsabilità e sindrome dell’impostore

Tecniche e pratiche di coaching per semplificarti la vita

CoachTania

– CoachTania – 

Psicologa, Mental Green Coach, Esperta di crescita, carriera, e leadership sostenibile. 

donna responsabilità

Dove ti trovi adesso?

Ti senti mai sopraffatta dalle responsabilità quotidiane, dagli obblighi professionali e/o famigliari che sembrano non avere fine? Sperimenti mai quella sensazione asfissiante di essere una ‘impostora‘, temendo che le persone intorno a te scoprano che non sei all’altezza delle aspettative e delle responsabilità che hai? Sei stufa di sentirti come se stessi correndo su un tapis roulant senza fine, cercando di tenere il passo non solo con le aspettative degli altri, ma anche con quella voce interna che ti dice di non essere abbastanza brava? Allora sappi che no, non sei sola, perché capita davvero a moltə di noi e sì, sei nel posto giusto.

Io sono Tania, una donna, ma anche una psicologa e mental coach. Da donna che ha navigato a lungo queste acque tumultuose, la mia missione oggi è di aiutarti a rintracciare la tua rotta, offrendoti una mappa e alcuni strumenti fondamentali per trasformare questa deriva in un viaggio meraviglioso: quello ti conduce da te, che vede te al timone.

E no, non sono qui per essere l’ennesima persona a dirti cosa fare o per nutrire le tue insicurezze. Non voglio neppure chiederti di rinunciare ai tuoi mille impegni. Sono qui semmai per offrirti un sostegno autentico, supporto e accompagnamento, e svelarti perchè il demone delle aspettative sia un pallone gonfiato (da te).

In questo articolo, esploreremo come gestire il carico di responsabilità che tipicamente noi donne ci troviamo a maneggiare, senza perdere te stessa nel processo. Accenneremo anche alla Sindrome dell’Impostore, quella sensazione ingannevole che ci porta a dubitare delle nostre capacità, e che è diffusissima tra noi donne (specie quelle che riescono a ricoprire posizioni di spicco e successo).

Ti offrirò consigli pratici, esercizi efficaci e un punto di vista basato non solo sulla mia esperienza personale e professionale, ma anche su quella di altre donne che ho avuto la fortuna di accompagnare nel loro percorso di crescita.

Questo articolo nasce e si sviluppa da un pensiero, uno stato, un vissuto che è stato anche mio. Tanto. Troppo a lungo.

Quel senso di sopraffazione.

Oppressa dalla fatica, dalle richieste, dalle responsabilità, dalle aspettative, dai doveri. E aggiungiamoci uno spettro tanto diffuso ma ancora troppo spesso non riconosciuto: quella dannata Sindrome dell’Impostore, che può rendere ancora più pesante tutto il carico.

Ti capita mai? Giungere al termine della tua giornata consumata, prosciugata. Forse ti ritrovi a declinare, ancora una volta, quell’invito che le amiche di sempre ti rinnovano oramai senza troppa fiducia. Niente tempo per te, per le tue cose. Per quel libro che hai sul comodino da così tanto tempo, o per rivedere un pò il tuo look – che poi la spinta sia il timore di non essere all’altezza degli standard degli altri o dei tuoi stessi sempre troppo elevati, poco importa – che so, farti sistemare i capelli (ti sei accorta solo di recente che sono diventati così lunghi…come hai fatto a non notarlo prima?). Qualcosa di nuovo da comprare, un quadro da dipingere, una cosa tua da creare. Tua, solo per te. No, niente tempo per questo.

E poi ci sono le notti. Quelle in cui ti svegli, cuore in gola, assalita dai pensieri dirompenti che nel silenzio delle tenebre sembrano sempre invulnerabili: ho scordato, devo fare, e se poi, e se avessi, ma ce la farò? Può accadere che tra queste preoccupazioni, si insinui anche la paura che, se non sarai sempre all’altezza, sarai smascherata. Il mattino dopo? Eccoti di nuovo in piedi. A correre, inseguire, tenere a mente tutto ciò che devi dire e fare. Giorno dopo giorno. Aggiungiamoci le sfide, le disconferme. Potrebbe essere un capo che non riconosce i tuoi meriti, o colleghi che non ti supportano come invece potrebbero.

A questo punto, potresti cercare conforto nei tuoi affetti più cari: un fidanzato, un marito, un figlio, una sorella, ma un po’ di sfogo non allenta la pressione delle responsabilità. Anche perché, diciamocelo, spesso anche loro sono fonte di aspettative, loro malgrado.

E se gli altri si aspettano, tu mica puoi deluderli, giusto? In fondo è questo che ti rende così speciale, così necessaria per tutti (se ti riconosci particolarmente in questa ultima specifica dinamica, Qui puoi trovare ulteriori approfondimenti sul concetto di meritare amore).

E così ri-eccoti nella ruota: correre, inseguire, tenere a mente, devi dire, devi fare, ancora e ancora.

Il demone delle aspettative – un pallone gonfiato

E’ importante tu sappia che questi vissuti sono indubbiamente uno specchio della tua realtà, ma anche figli di una serie di dinamiche sociali, che sono state molto approfondite peraltro negli anni dalla letteratura psicologica. Vediamo ora come si forma questo demone delle aspettative.

  1. Ruolo di Genere Sociale: Le donne sono ancora tradizionalmente socializzate a svolgere ruoli di “cura”, che le portano a farsi carico di numerose responsabilità in famiglia, come la cura dei figli o degli anziani, che poi si traducono in responsabilità aggiuntive nella vita adulta, oltre che sul lavoro (Eagly, 1987). Uno studio condotto nel 2020 ha riconfermato (come ce ne fosse bisogno) questo schema di aspettativa sociale che lega le donne alla funzione di cura (Gorman, 2020).
  2. Pressione Sociale: Esiste una certa aspettativa sociale che le donne siano “multitasking” e in grado di gestire carriere, famiglia e vita sociale contemporaneamente (Hochschild, 1989).
  3. Esigenze Familiari: Le donne spesso hanno un doppio onere lavorativo e domestico, noto come “doppio carico” (Hochschild, 1989). L’aspettativa è che le donne siano in grado di gestire entrambi gli ambienti senza problemi. Uno studio condotto nel 2020 ha esplorato come la pandemia di COVID-19 abbia avuto un impatto disproporzionato sulle donne in termini di equilibrio tra vita e lavoro, aggravando le responsabilità esistenti (Shockley et al., 2020)
  4. Competenza Percepita: gli stereotipi di genere possono influenzare negativamente le opportunità professionali delle donne. Le donne, per compensare questi stereotipi, potrebbero sentirsi obbligate a dimostrare competenza e assumersi ulteriori responsabilità (Heilman, 2001).

 

La sindrome dell’impostore, a sua volta, si innesta su questi meccanismi, e ovviamente li nutre. 

Anche qui, numerosi studi hanno approfondito il rapporto tra responsabilità femminili, dinamiche sociali e quel sentirsi “imbrogliona”:

  1. Norme di Genere Rigide: Le donne sono spesso socializzate a essere umili riguardo ai loro successi. Già nel 1978 Pauline Rose Clance e Suzanne Imes identificarono per la prima volta la “Sindrome dell’Impostore” in donne ad alte prestazioni, rivelando come molte di loro tendessero ad attribuire i loro successi a fattori esterni piuttosto che alle proprie abilità, proprio a causa delle aspettative sociali che le volevano umili riguardo ai loro raggiungimenti (Clance, Imes, 1978)
  2. Stereotipi di Genere: Le donne che operano in campi dominati da uomini possono sentirsi come impostori semplicemente perché sono una minoranza. Uno studio del 1999 infatti mostra che le donne che si trovano in ambienti in cui sono in numero sensibilmente inferiore (come gli ambienti – STEM Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) possono essere sottoposte a una “minaccia stereotipata,” che può contribuire alla Sindrome dell’Impostore.
  3. Esperienze Precedenti: Eventi come la discriminazione di genere o l’assenza di modelli di ruolo possono alimentare l’autopercezione delle donne e la Sindrome dell’Impostore (Cokley et al., 2017; “The Roles of Gender Stigma Consciousness, Impostor Phenomenon and Academic Self-Concept in the Academic Outcomes of Women and Men”).
  4. Perfezionismo: Alcuni studiosi hanno esplorato il legame tra perfezionismo e benessere psicologico. Le donne, spesso socializzate ad essere “perfette,” possono sviluppare aspettative irrealistiche per se stesse, alimentando la convinzione di non essere mai abbastanza buone, e dunque la Sindrome dell’Impostore. (Flett et al., 1991).

    Questi sono solo alcuni degli studi che dimostrano che i tuoi sentimenti non solo siano leciti, ma anche molto diffusi. Certamente c’è ancora tanto lavoro da fare sul piano della cultura e dei meccanismi sociali. Questo però non significa che tu debba accettare di buon grado la situazione attuale, senza potere modificare la tua specifica realtà.

    Se è vero che il demone delle aspettative è infatti generato e nutrito dalla società cui apparteniamo, è importante tu sappia che a gonfiare questo pallone sono probabilmente i tuoi stessi pensieri e comportamenti.

    Se tu ti senti su un binario privo di scambi, costellato da stazioni intermedie in cui, anziché celebrare un arrivo, un raggiungimento, un successo piccolo o grande, continui a caricare a bordo sempre e solo nuove richieste e responsabilità, è inevitabile tu ti senta poi spesso con le spalle al muro, oberata dai devo, costretta in infiniti vorrei “ma non posso”, incastrata in schemi di obbligo che non ti permettono di percepire alcuna via d’uscita.

    Se a tutte queste aspettative esterne e meccanismi sociali, aggiungi poi l‘intima convinzione che le cose non possano andare avanti senza di te, offri il terreno più fertile possibile affinché la Sindrome dell’Impostore complichi ulteriormente le cose.

    Quando pensi infatti che tutto dipenda da te, che senza il tuo apporto costante tutto crollerebbe, tendi a farti carico di qualsiasi cosa: sia di ciò che ti viene naturalmente bene, e che ami, che di ciò che invece ti provoca grande fatica fare. Riducendo di fatto la probabilità di eccellere in ciò che ti esprime appieno, disperdendo energie e dimenticando di celebrare i successi, dunque denutrendo la tua autostima; considerato anche che con questo grado di pressione, la probabilità di fallire è elevatissima. E per scongiurarla, serve ancora più sforzo.

    Dunque, strafacendo, c’è il rischio di nutrire in realtà la convinzione di non essere mai abbastanza. Non abbastanza intelligente, capace o adeguata per gestire tutto ciò che hai accolto su di te in termini di responsabilità. Un pò di sano senso di colpa, e la paura di essere smascherata può diventare ossessionante. Una dispersione aggiuntiva di energia, a tratti un’emorragia.

    Così, può essere che invece di riconoscere i tuoi meriti e il valore che apporti, potresti ritrovarti a minimizzare i tuoi successi, anche quelli più evidenti, attribuendoli nel tuo profondo a fortuna o a circostanze esterne, nutrendo una spirale di stress e ansia che alimenta ancora di più il senso di essere un’”imbrogliona”, e la fatica in generale.

    Ecco. Si. Se sei giunta fin qui, forse è perché in qualche modo o in qualche aspetto ti sei riconosciuta. O in queste esperienze, percezioni o stati d’animo riconosci qualcuno a cui tieni.

    E’ importante tu sappia che su tutto questo si può intervenire. Per farlo è necessario partire da te. No, non sto suggerendo di assegnarti un’altra, l’ennesima responsabilità. Semmai di riconoscere l’unica davvero utile e necessaria, la fonte originale della tua più pura energia e dei suoi annessi dispendi. Il santo Graal per liberarti dalla fatica, dalla sindrome dell’impostore, dalla sopraffazione.

    TU.

    Come intervenire?

    Il primo passo è sempre la consapevolezza. Dare il benvenuto al fatto che questa oggi sia la tua situazione, accoglierle questa verità, prendendo anche coscienza che questa condizione sia modificabile. Renderti conto che sia tu e solo tu a definire e disegnare la tua vita. E sia tu e solo tu a decidere cosa dentro la tua vita ci debba stare, e cosa no.

    Il secondo passo è comprendere le conseguenze di questi schemi di pensiero e comportamento, e cominciare a scorgerne il nucleo. Perché vedere le conseguenze?

    Perché ogni cambiamento richiede fatica. E la fatica siamo disposte a farla solo se la motivazione è davvero forte. Comprendere che conseguenze porta tutto questo su di te, può nutrire quella motivazione.

    Perché invece individuare il nucleo?

    Perché a volte le origini di questi schemi di pensiero risiedono lontano, nelle radici profonde della nostra storia, addirittura nell’infanzia. Esserne consapevoli ci offre indicazioni sul come affrontarle, e sul grado di resistenza che incontreremo dentro di noi. A volte è utile o addirittura necessario lavorare proprio sulla genesi dei nostri processi mentali e comportamentali, per poterli lavorare e modificare. Se senti che questo sia il tuo caso, ti consiglio di rivolgerti a dei professionisti esperti, come unə psicoterapeuta. A volte invece non è così strettamente necessario questo lavoro di speleologia, ed è sufficiente identificare il nucleo, e poi agire un moto volontario, una decisione da prendere: cambiare le cose.

    Da lì l’azione: è il passo in assoluto più importante! Puoi farlo da sola, o rivolgerti a professionisti esperti di piani d’azione come psicologi e coach.

    Un esercizio qui e ora

    Ci sono sempre e comunque delle pratiche o esercizi che puoi cominciare a fare da te, per smettere di nutrire il demone. Un esercizio che puoi fare qui e ora è domandarti:

    in queste dinamiche e schemi di pensiero e comportamento, IO, dove sono? Come mi tratto?

    Concediti qualche minuto per osservare i tuoi pensieri e i tuoi sentimenti. Potrebbe essere il momento perfetto per mettere un piede giù dalla ruota delle responsabilità e di chiederti:

    come vorrei che fosse la mia vita?

    Ecco, se la Sindrome dell’Impostore ti sta ostacolando, forse ti sta suggerendo che non sia un buon momento, che non sei comunque in grado di rispondere a queste domande, ecc. Tu ricorda: la vita che desideri è alla tua portata. È possibile, se trovi la forza di definire un obiettivo, e cominciare a muovere semplicemente il primo passo.

    Qui di seguito una serie di semplici esercizi e pratiche che agiscono su diversi aspetti e livelli citati fin qui.

     

    1. Tempo per te: Inserisci nella tua agenda quotidiana un momento ogni giorno per fare qualcosa che ti piace. Potrebbe essere leggere per 10 minuti, una passeggiata in piena presenza, massaggiarti una parte del corpo o fare una breve meditazione. Colloca questo momento di “tempo per te” in un momento della giornata in cui sarai in grado di mantenerlo. Alzati 10 minuti prima, se necessario, ma nutri e proteggi questo spazio per educarti a essere al centro.
    2. Diario notturno: Tieni carta e penna a portata di mano, e scrivi ciò che senti nei tuoi momenti di ansia notturna. Questa semplice azione può aiutarti a razionalizzare le tue emozioni, a “spostare fuori” da te la lista di preoccupazioni, o delle cose da fare – tirarle fuori dalla mente, e collocarle in uno spazio in cui potrai ritrovarle quando avrai le risorse per gestirle, può essere una soluzione molto funzionale. Idealmente alzati, e sposta anche “fuori dal letto” questo flusso di pensieri. Non cadere nella tentazione di rielaborarli. Scrivi la lista e lasciala lì. Domani te ne occuperai.
    3. Diario delle priorità: Prenditi un momento tranquillo per scrivere su un foglio le tue priorità, inclusi il tuo benessere e il tuo tempo libero. Guardalo ogni volta che senti di aver perso te stessa nella routine quotidiana.
    4. Visualizzazione della meta e piccoli passi: Visualizza la tua meta, e scrivila. Poi scrivi un piano dettagliato su come raggiungerla e impegna te stessa a fare un piccolo passo verso di essa ogni giorno. Invece di fissarti su un obiettivo enorme e scoraggiante, suddividilo in piccoli passi raggiungibili. Ogni passo completato è un successo e ti avvicina al tuo obiettivo finale. Festeggialo!
    5. Dialogo interno: Impara a identificare e a sfidare i tuoi pensieri auto-sabotanti. Presta attenzione a come ti parli: com’è il tuo dialogo interiore? Come ti rivolgi a te stessa? Ogni volta che ti sorprendi a pensare che non sei abbastanza brava, mettilo in dubbio. È veramente così?
    6. Riconosci i tuoi Successi: Tieni un diario dei successi, piccoli e grandi. Quando inizi a dubitare di te stessa, rileggilo per ricordare quanto invece sei capace.
    7. Parla Apertamente: Condividere i tuoi sentimenti con persone di fiducia può offrire una nuova prospettiva. Spesso scoprirai che non sei la sola a sentirsi così.
    8. Educati ad accogliere i Complimenti: Invece di respingere i complimenti, impara a dire semplicemente “grazie”, e accoglierli. Riconosci che se qualcuno ti fa un complimento, sia semplicemente perché pensa che tu lo meriti.
    9. Esercizio della Sedia: Immagina di essere seduta su una sedia di fronte a te stessa. La “te” che siede di fronte è la versione che crede in te, come farebbe la migliore amica che desideri. Cosa ti direbbe? Ascolta cosa ha da dirti.
    10. Pratiche di controllo emotivo: Qui trovi alcune pratiche da eseguire al chiuso e qui alcune specifiche pratiche da eseguire in Natura, per aumentare la tua capacità di controllare le emozioni.
    11. Cerca un Mentore o un Coach: Avere un punto di riferimento che stimi può fornirti preziosi feedback oggettivi e aiutarti a capire meglio le tue abilità e il tuo valore.

    Qui trovi un approfondimento sulla Sindrome dell’Impostore in ambito professionale, e altri esercizi pratici per affrontarla e superarla.

    A proposito della Sindrome dell’Impostore, se ti sei riconosciuta in quei sentimenti, sappi che non sei sola e che è possibile cambiare la tua vita nella direzione che desideri. Forse ti aiuterà sapere che hai molti, molti “colleghi” famosi. Tra gli altri:

    Emma Watson: L’attrice britannica, famosa per il suo ruolo di Hermione Granger nella serie di film di Harry Potter, ha parlato della sua esperienza con la sindrome dell’impostore in diverse interviste.

    Michelle Obama: L’ex First Lady degli Stati Uniti ha discusso della sua lotta con la sindrome dell’impostore in alcune interviste e nel suo libro “Becoming”.

    Tom Hanks: L’attore premio Oscar ha rivelato in alcune interviste di aver sofferto di questa sindrome, nonostante il suo successo straordinario nel mondo del cinema.

    Sheryl Sandberg: L’autrice di “Lean In” e COO di Facebook ha anche discusso apertamente del suo confronto con la sindrome dell’impostore.

    Neil Armstrong: Si dice che anche il primo uomo a mettere piede sulla Luna abbia avuto momenti in cui si è sentito un impostore, dubitando del suo diritto di essere in quella posizione storica.

    Albert Einstein: Anche se non ha usato il termine “sindrome dell’impostore”, è noto che Einstein abbia descritto sensazioni simili, riferendosi a se stesso come un “imbroglio” in alcune lettere.

    Lady Gaga: La cantante e attrice ha rivelato di aver sofferto della sindrome dell’impostore, specialmente all’inizio della sua carriera, quando il suo successo stava crescendo rapidamente.

    Meryl Streep: Anche questa pluripremiata attrice ha confessato di sentirsi come un’impostora nonostante la sua carriera straordinariamente riuscita.

    Se vuoi esplorare questi temi più a fondo e individuare tecniche e strategie personalizzate che ti permettano di trovare il modo più efficace per te di affrontarli, scrivimi. Sarò felice di supportarti nel tuo percorso di crescita e auto-scoperta.

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    Approfondimenti:

    Per approfondimenti sui temi trattati, ti suggerisco:

    • “The Secret Thoughts of Successful Women” di Valerie Young
    • “Lean Out” di Elissa Shevinsky
    • Eagly, 1987; “Sex Differences in Social Behavior”
    • Gorman, 2020 “Exploring the Backlash Effect”
    • Shockley et al., 2020; “Disentangling the Relationship Between Gender and Work–Family Conflict”
    • Hochschild, 1989; “The Second Shift”
    • Heilman, 2001; “Description and Prescription: How Gender Stereotypes Prevent Women’s Ascent Up the Organizational Ladder”
    • Clance & Imes, 1978; “The Impostor Phenomenon in High Achieving Women”
    • Spencer, Steele, & Quinn, 1999; “Stereotype Threat and Women’s Math Performance”
    • Flett et al., 1991; “Perfectionism in the Self and Social Contexts”

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